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Prove di utilizzo di un estratto di uva immatura in alternativa alla solforosa per la maturazione in legno di vino Sangiovese

Risultati del progetto

Giovanna Fia*, Lisa Granchi*, Cristina Proserpio**, Silvio Menghini*, Ella Pagliarini**, Valentina Millarini*, Eleonora Mari*

*Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI), Università degli Studi di Firenze, 50144 Firenze.

** Laboratorio di Analisi Sensoriale e Consumer Science (SCS_Lab); Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l'Ambiente (DeFENS), Università degli Studi di Milano, 20133 Milano.

Riassunto

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare le caratteristiche chimiche, microbiologiche e sensoriali di un vino Sangiovese al quale è stato aggiunto un estratto sperimentale (ES) di uva immatura in alternativa alla solforosa nel corso della maturazione in legno: il tutto giungendo ad una verifica della sostenibilità economica associata a tale innovazione del prodotto, considerando sia gli adeguamenti aziendali che le preferenze del consumatore. A tal fine, sono state prese in esame tre tesi allestite in doppio: 1) vino di controllo (TQL) addizionato di solforosa in modo da ottenere valori di SO2 libera di circa 15 mg/L e gomma arabica (140 mg/L); 2) AL, chitosano (100 mg/L) e estratto d’uva immatura (200 mg/L); 3) BL, estratto d’uva immatura (400 mg/L).

Le analisi chimiche effettuate durante sei mesi di affinamento in legno hanno mostrato una sostanziale uniformità della maggior parte dei parametri misurati. Tuttavia, a partire dal terzo mese, i vini contenenti l’estratto d’uva immatura hanno mostrato una differenza significativa nel contenuto in pigmenti polimerici, più concentrati nei campioni contenenti l’estratto, e antociani liberi che si manteneva fino a sei mesi di maturazione. Le analisi microbiologiche hanno rilevato che nei vini in cui è stato aggiunto l’ES le popolazioni di batteri lattici sono scese, dopo tre mesi di maturazione, sotto il limite di rilevabilità analogamente a quanto riscontrato nel vino di controllo. Viceversa, indipendentemente dal trattamento, i lieviti sono aumentati e, dal terzo mese, nel vino BL, in cui è stato aggiunto l’ES senza chitosano, è stato riscontrato Brettanomyces bruxellensis, seppure a densità cellulari inferiori a 103 UFC/mL. I risultati delle valutazioni sensoriali non hanno messo in evidenza differenze significative fra i vini che sono stati percepiti come simili per quanto riguarda gli aspetti legati a vista, olfatto, gusto, flavor e corpo.

I risultati conseguiti in questo lavoro suggeriscono che l’ES di uva immatura sia da solo che in combinazione con il chitosano è in grado di mantenere le caratteristiche cromatiche del vino Sangiovese e la sua qualità sensoriale. Inoltre, l’uso di ES potrebbe contribuire ad una più precoce stabilizzazione del colore e alla stabilità microbiologica del vino relativamente alle popolazioni batteriche.

Introduzione

L'anidride solforosa è un additivo chimico tradizionalmente utilizzato per preservare il vino dall'ossidazione e da inquinamenti di tipo microbiologico. L'anidride solforosa è in effetti molto efficiente nel prevenire l'ossidazione enzimatica e chimica del prodotto e nell’inibire lieviti, batteri, e muffe che sono naturalmente presenti nell'uva e nel vino. L’insieme di queste caratteristiche che contribuiscono al mantenimento della qualità sensoriale del vino rende particolarmente difficile trovare soluzioni semplici ed efficienti da adottare in alternativa all’uso della solforosa. Tuttavia, l’anidride solforosa presente negli alimenti e nelle bevande è stata associata a diversi rischi per la salute umana e alla comparsa di sintomi riconducibili a mal di testa, dermatite, orticaria, dolori addominali, broncocostrizione e anafilassi (Guerrero et al. 2015). Accanto a ciò, la crescente domanda da parte dei consumatori di vini che contengano la minor concentrazione possibile di composti potenzialmente dannosi per la salute e le norme sulla dichiarazione del contenuto di solforosa in etichetta hanno stimolato da un lato i produttori di vino ad abbassare la quantità di anidride solforosa aggiunta nel vino e dall’altro i ricercatori a valutare l’efficacia di prodotti alternativi all'anidride solforosa (Comuzzo et al. 2013).

Alcuni prodotti enologici già in commercio sono dotati proprietà che possono contribuire a vinificare utilizzando basse dosi di solforosa. I tannini enologici, per esempio, sono estratti vegetali commerciali di diversa origine botanica (galla di quercia, castagno, quebracho, acacia, semi e bucce d'uva, tara e mimosa) che possiedono proprietà interessanti per la protezione del vino nei confronti dell'ossidazione (Motta et al. 2020). Inoltre, i tannini commerciali sono spesso citati per il loro contributo alla stabilizzazione della materia colorante. Attualmente l’uso dei tannini enologici come antiossidanti e coadiuvanti per la stabilizzazione del colore è ormai abbastanza diffuso e i prodotti oggi in commercio sono considerati efficienti, sicuri e specifici per soddisfare le diverse necessità in relazione alla tipologia di prodotto e alla fase di vinificazione.

Recentemente, nuovi estratti fenolici di varia origine (ravanello nero, buccia di mandorla, foglie eucalipto) e da residui vitivinicoli (germogli di vite, bucce e raspi) sono stati proposti come potenziali sostituti dell’anidride solforosa con risultati spesso incoraggianti (Raposo et al. 2018; Esparza et al. 2020). Le esperienze condotte utilizzando matrici residuali di filiera per la produzione di estratti sono particolarmente interessanti poiché includono il concetto di sostenibilità declinato secondo l’obiettivo della riduzione degli scarti del processo produttivo, nelle logiche di una economia circolare fondate su dei modelli produttivi rigenerativi. Tuttavia, la maggior parte di questi studi sono stati condotti in soluzioni modello o nel vino ma solo su scala di laboratorio, mentre pochissimi sono stati condotti in condizioni reali di cantina. Per queste ragioni, l'uso degli antiossidanti innovativi non ha ancora trovato larga applicazione nell'industria enologica nonostante i risultati conseguiti (Raposo et al. 2016). Un altro problema risiede nel fatto che sia i tannini enologici che gli antiossidanti innovativi possono influenzare negativamente la qualità sensoriale del vino in funzione della loro composizione e soprattutto della dose utilizzata per raggiungere determinati obiettivi enologici. Un altro elemento che merita una riflessione è quello delle tecniche di estrazione, quelle tradizionali che prevedono l’uso di solventi organici e per questa ragione poco in linea con la riduzione degli inquinanti e quelle innovative denominate “green” perché a basso impatto ambientale che rimangono, tuttavia, al di fuori della portata delle singole aziende poiché necessitano di investimenti importanti e competenze tecniche specifiche. Infine, perplessità rimangono in merito all’origine e all’estraneità rispetto al vino delle matrici vegetali da cui i tannini o i fenoli possono essere estratti.

L’attività antimicrobica dell’anidride solforosa in vinificazione è stata ampiamente studiata e dimostrata e si esplica principalmente nei confronti sia dei batteri lattici e acetici che di alcuni lieviti non desiderati quali Brettanomyces spp. e altre specie di non-Saccharomyces (Bartowsky, 2009; Ribéreau-Gayon et al. 2006). In alternativa all’anidride solforosa, per conseguire una stabilità microbiologica del vino, sono stati studiati e approvati dall’OIV e dalla UE diversi metodi fisici e chimici (Lisanti et al. 2019). Per quanto riguarda i composti fenolici, naturalmente presenti nell’uva e nei vini, è stato riscontrato un effetto inibente o stimolante la crescita dei batteri lattici in funzione della tipologia e della concentrazione dei singoli polifenoli, mentre non è stato ancora valutato l’effetto sui lieviti (Lisanti et al., 2019). In virtù delle proprietà antiossidanti, acidificanti e antibatteriche, gli estratti di uva immatura sono stati recentemente studiati e testati per diverse applicazioni industriali in alimenti e bevande fermentate e non fermentate (Fia et al. 2022, Bucalossi et al. 2020; Proserpio et al. 2020; de Dupas Matos et al, 2019; Tinello et al. 2018). L'uva immatura è ricca di composti antiossidanti, come fenoli, stilbeni, glutatione, vitamine, e acidi organici mentre è povera in zuccheri e la concentrazione di questi composti dipende da diversi fattori come la varietà, l'annata, le condizioni climatiche e la fase di sviluppo (Adams, 2006). Nella filiera vitivinicola, il diradamento è una pratica di potatura verde effettuata per migliorare la composizione dell'uva destinata alla produzione di vini di qualità elevata secondo la logica dell’aumento della qualità in funzione della diminuzione della resa. Le uve immature che sono asportate dalla vite durante il diradamento e solitamente abbandonate in campo possono essere recuperate e potenzialmente reinserite nella linea di produzione primaria sotto forma di estratto (Fia et al. 2016, 2018, 2020 e 2021). Rispetto ad altri residui della vinificazione l’uva immatura è una matrice integra, non sfruttata per processi produttivi, che contiene intatto il suo patrimonio di composti attivi. Inoltre, merita attenzione il fatto che il recupero dei residui di filiera è una delle azioni fondamentali nella corsa al raggiungimento di sistemi di produzione sostenibili. Per questo tipo di operazioni di valorizzazione dei residui, una quota di valore aggiunto potrebbe derivare dalla possibilità di utilizzare gli estratti di uva immatura all’interno dell’azienda vitivinicola stessa, arrivando ad offrire un prodotto percepito dal consumatore di livello superiore non solo in ragione della maggiore sostenibilità del processo produttivo che lo realizza ma anche in funzione del maggiore livello salutistico che viene associato ad un alimento che possa vantare di essere “senza solfiti aggiunti”. Nell’ambito del progetto UVA PRETIOSA - Valorizzazione dei sottoprodotti della filiera viti-enologica (Progetto finanziato nell’ambito del partenariato Europeo per l’innovazione e lo sviluppo rurale della regione Toscana - REGIONE TOSCANA, PSR 2014-2020—Misura 16.2 PS-GO 2017) è stato condotto il lavoro di seguito descritto. Un estratto d’uva immatura prodotto all’interno dell’azienda vitivinicola è stato utilizzato in comparazione con l’anidride solforosa durante prove di maturazione in legno di un vino Sangiovese. Le caratteristiche chimiche, microbiologiche e sensoriali dei vini sono state valutate nel corso di sei mesi di maturazione in barriques. Per l’intero processo sono stati inoltre esaminati i costi aggiuntivi e valutata la sostenibilità economica dell’innovazione rispetto alla disponibilità a pagare per tale tipologia di prodotti.

Materiali E METODI

Vinificazione

Per le prove è stata utilizzata un’unica massa (25hL) di vino rosso Sangiovese, annata 2019, messo a disposizione dalla cantina Castello di Gabbiano (gruppo Treasury Wine Estate), San Casciano val di Pesa, Firenze. La vinificazione è stata effettuata presso la stessa cantina secondo lo schema industriale utilizzato in azienda. Le uve Sangiovese sono state vendemmiate a mano alla fine di agosto e poste in cassette per il trasporto. Dopo il conferimento alla cantina, le uve sono state diraspate, pigiate e trasferite in un serbatoio per la fermentazione. È stato quindi aggiunto il ceppo di Saccharomyces cerevisiae LALVIN ICV D254TM (Lallemand), e attivatori di fermentazione. La fermentazione alcolica (FA) è stata condotta a 25 -30 °C, per 7gg, con movimentazioni giornaliere. Dopo la svinatura, il vino è stato trasferito in un serbatoio fino al completamento della fermentazione malolattica (FML) che è avvenuta spontaneamente. ll 30 marzo 2021, terminata la fermentazione malolattica, il vino è stato trasferito in barriques per la maturazione secondo lo schema mostrato in Figura 1. Per le prove, sono state utilizzate sei barriques (Tonnellerie Baron, France) di secondo passaggio, vaporizzate e poi accuratamente pulite con acqua calda a pressione. Nei campioni di controllo denominati TQL è stata aggiunta solforosa in modo da ottenere valori di SO2 libera di circa 15 mg/L e gomma arabica (140 mg/L). Nei campioni in legno sono state fatte le seguenti aggiunte: AL, estratto d’uva immatura (200 mg/L) e chitosano (100 mg/L); BL, estratto d’uva immatura (400 mg/L). Tutte le tesi sono state allestite in doppio. I prodotti enologici utilizzati sono stati i seguenti: chitosano (C) Micro M (Enartis), gomma arabica (GA) Oenogom instant (Laffort).

Dopo circa 4 mesi di maturazione, il livello di solforosa libera dei campioni TQL è stato riportato a circa 15 mg/L, come da prassi per Castello di Gabbiano, mentre nelle tesi AL e BL sono stati aggiunti 200 e 400 mg/L di estratto di uva immatura, rispettivamente. Le analisi chimiche, microbiologiche e sensoriali sono state effettuate al momento dell’allestimento delle prove (T0), dopo 3 (T3) e 6 (T6) mesi di maturazione.

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Figura 1. Schema per l’allestimento delle prove di maturazione del vino Sangiovese in legno (SO2 = solforosa libera; GA = gomma arabica; C = chitosano; ES = estratto d’uva immatura).

Produzione dell’estratto di uva immatura

L’estratto sperimentale (ES) di uva immatura è stato ottenuto per macerazione a partire da uve raccolte durante operazioni di diradamento come precedentemente descritto da Fia et al. (2016, 2018 e 2020). Dopo decantazione, gli zuccheri sono stati separati dall’estratto per ultrafiltrazione, utilizzando una membrana a spirale avvolta, cut-off 3000 Dalton (Sepra, Milano). L’estratto liquido è stato liofilizzato con l’aggiunta di gomma arabica (2% w/v) come supporto e posto sottovuoto in sacchetti di polietilene. L’estratto liofilizzato è stato conservato a temperature ambiente, al riparo dalla luce e dall’umidità.

Analisi chimiche

Il pH, l’acidità totale, l’acidità volatile, il titolo alcolometrico volumico, gli zuccheri residui, l’acido L-malico e l’acido L-lattico e l’estratto secco del vino sono stati determinati tramite un’analisi all’infrarosso in trasformata di Fourier (FTIR) utilizzando un analizzatore OenoFoss (Foss, Italia). La solforosa totale e libera sono state determinate secondo i metodi ufficiali di analisi. Durante la maturazione, i vini sono stati analizzati determinando l’intensità colorante (IC) come somma delle assorbanze (A) a 420, 520 e 620 nm e la tonalità (T) come rapporto A420/A520 nm (Glories, 1984); la frazione del colore dovuta a copigmenti (Copig), antociani liberi (AL) e pigmenti polimerici (PP) espresse come contributo percentuale al colore dei vini (Boulton, 2001), l’indice dei polifenoli totali (IPT280), i fenoli totali (FT) espressi come g di (+)-catechina/L (Singleton, 1999); l’attività antiossidante (AA) con il metodo DPPH, espressa come μmol di Trolox /L (Brand-Williams, 1995). Tutte le analisi sono state effettuate in triplo. L’analisi della varianza (ANOVA) è stata condotta con il programma XLSTAT (2020) al fine di valutare la significatività delle differenze riscontrate fra i parametri chimici, microbiologici e sensoriali ottenuti analizzando i vini. Tutti i reagenti utilizzati per le analisi chimiche sono stati forniti da Sigma-Aldrich, Milano, Italia.

Analisi microbiologiche

La quantificazione di lieviti, batteri lattici ed acetici è stata effettuata mediante la tecnica della conta in piastra con opportuni terreni di coltura selettivi. WL nutrient agar (Oxoid) (Cavazza et al., 1992) con aggiunta di Propionato di sodio (2 g/L) e Streptomicina (0,3 g/L) per la conta dei lieviti; MRS (ISO) agar (Oxoid) (De Man et al., 1960) con aggiunta di Fruttosio (5 g/L), di Cisteina (0,5 g/L), di Tomato Juice Broth (2,5 g/L), di Agar (6 g/L) e Pimaricina (0,05 g/L) per la conta dei batteri lattici; LF Agar Medium (Glucosio 10 g/L; Estratto di lievito 5 g/L; Peptone 5 g/L; Tomato Juice Broth (2 g/L) con aggiunta di Pimaricina (0,05 g/L) e Penicillina (0,025 g/L), per la conta dei batteri acetici.

Valutazione sensoriale

Sui campioni di vini è stato condotto un test triangolare (norma UNI EN ISO 4120, 2008). I campioni sono stati conservati a temperatura ambiente lontani da fonti di luce e di calore, e sono stati serviti agli assaggiatori in calici di vetro codificati con numeri a tre cifre. Ciascun calice è stato munito di un tappo superiore per evitare la dispersione dei composti volatili. I campioni sono stati forniti unitamente ad acqua minerale naturale e cracker per de-saturare i recettori sensoriali tra un assaggio e l’altro. L’analisi è stata effettuata presso il Laboratorio di Analisi Sensoriale e Consumer Science (SCS_Lab) a norma ISO/DIS 8589:2007 del DeFENS dell’Università degli Studi di Milano. Alla valutazione hanno partecipato 30 abituali consumatori (17 femmine e 13 maschi, di età compresa tra i 22 e i 50 anni). Gli assaggiatori sono stati informati di dover essere digiuni e di non fumare nell’ora che precede la seduta. Durante la valutazione sono stati eseguiti i seguenti confronti: TQL vs AL e TQL vs BL. Durante l’assaggio ai giudici è stato chiesto di identificare all’interno di ciascuna terna quale campione fosse percepito come diverso considerando tutte le caratteristiche sensoriali legate alla vista, all’olfatto, al gusto, al flavor e al corpo. La valutazione è stata svolta in un’unica replica e le sequenze di presentazione dei campioni sono state randomizzate giudice per giudice.

Valutazioni economiche

Relativamente alla valutazione economica sono state condotte due analisi distinte, rispettivamente a livello aziendale e a livello di mercato. L’analisi aziendale ha riguardato gli effetti che l’innovazione di processo introdotta ha determinato in termini di organizzazione e gestione interna dei costi di produzione. Questa analisi dei costi è stata effettuata con tecniche contabili analitiche applicate alla quantificazione del costo pieno dell’intero processo di produzione dell’estratto e del suo impiego: il tutto limitatamente alla fase in esame e nei termini di una analisi comparativa del tipo “with-without”. Relativamente all’analisi di mercato, sono state condotte due indagini dirette sui consumatori (negli anni 2020 e 2021) raccogliendo informazioni sulle preferenze d’acquisto e di consumo di vini su di un campione di oltre 1000 soggetti.    

RISULTATI E DISCUSSIONE

Dopo il completamento della FML il vino presentava il seguente quadro analitico: titolo alcolometrico volumico 14,5 % (v/v), zuccheri residui 0,1 g/L, acidità totale 5,15 g/L in acido tartarico, acidità volatile 0,47 g/L in acido acetico, pH 3,6, acido L-malico non rilevato, acido L-lattico 0,8 g/L, estratto secco: 29,4 g/L. I prodotti enologici e l’estratto di uva immatura sono stati aggiunti subito dopo subito dopo il trasferimento in barriques. L’ES di uva immatura aveva una concentrazione fenolica di 20,4 mg/g di estratto essiccato. Pertanto nella la tesi AL sono stati aggiunti 4 mg di fenoli/L di vino mentre nella tesi BL sono stati aggiunti 8 mg di fenoli/L di vino. Le dosi dei fenoli utilizzate sono state scelte sulla base di studi precedenti nei quali è stata valutata l’efficacia nel mosto e nel vino di estratti fenolici di origine viticola (Fia et al 2021; Esparza et al. 2020). La composizione degli estratti di uva immatura è stata descritta in precedenza mostrando che essi sono caratterizzati dalla presenza di un complesso di antiossidanti che comprende oltre ai composti fenolici, flavonoidi e non flavonoidi, anche composti di natura non fenolica. Per esempio, il glutatione che è un tripeptide dotato di proprietà fortemente riducenti è stato precedentemente identificato negli estratti d’uva immatura sia in forma ridotta (GSH) sia legato all’acido caftarico (Fia et al. 2021). Negli estratti di uva immatura sono state dosate anche vitamine idrosolubili dotate di capacità antiossidante come la colina o vitamina J (Fia et al. 2020). Precedenti esperienze hanno mostrato che gli estratti di uva immatura potrebbero essere utilizzati in alternativa alla solforosa per proteggere il colore del vino rosso dall’ossidazione nel corso della maturazione in contenitori di acciaio (Fia et al. 2021). Tuttavia, durante la maturazione, la solforosa svolge un’azione protettiva sia nei confronti dell’ossidazione del vino sia nei confronti di inquinamenti di tipo microbiologico. Le specie microbiche potenzialmente inquinanti interessano sia lieviti non-Saccharomyces che i batteri lattici ed acetici. Fra i lieviti non-Saccharomyces, particolarmente temuti sono quelli appartenenti al genere Brettanomyces che possono produrre aromi indesiderati durante la maturazione in legno e crescere in un mezzo povero di nutrienti come il vino. I batteri lattici del vino sono ritenuti responsabili della comparsa di difetti sensoriali dovuti alla produzione di molecole maleodoranti come le amine biogene caratterizzate anche da attività allergenica. Per tali ragioni, nella tesi AL che ha ricevuto la dose più bassa di fenoli d’uva immatura è stato aggiunto anche chitosano (100 mg/L) come stabilizzante microbiologico. È noto infatti che i fenoli sono dotati di attività antimicrobica ma la loro perfomance nei confronti degli inquinanti del vino dipende sia dal tipo di molecola che dalla concentrazione.

Nelle Tabelle 1, 2 e 3 sono mostrati i risultati delle analisi chimiche dei vini in maturazione. Al momento dell’allestimento delle prove T0 (Tabella 1), il campione di controllo (TQL) ha mostrato valori significativamente più elevati di tonalità mentre l’intensità colorante è risultato inferiore rispetto agli altri campioni addizionati con ES e chitosano (AL) o con il solo ES di uva immatura (BL). Tutti gli altri parametri misurati non hanno evidenziato differenze significative fra i vini.

Dopo 3 mesi di affinamento (Tabella 2) le differenze nei parametri relativi al colore del vino sono risultate simili a quelle osservate al T0. Per quanto riguarda gli altri parametri, è stata messa in evidenza una differenza significativa nel valore dei pigmenti polimerici, più elevato nei vini AL e BL rispetto al TQL; l’incremento dei pigmenti polimerici era accompagnato da una diminuzione degli antociani liberi che tuttavia a questo stadio della maturazione non è risultata significativa.

Dopo 6 mesi di maturazione (T6) i parametri del colore dei vini sono risultati molto simili mentre persistevano differenze significative nei valori dei pigmenti polimerici, più elevato nei vini AL e BL rispetto al TQL, e nel valore degli antociani liberi, queste ultime non significative. Tutti gli altri parametri non hanno mostrato differenze significative.

Le analisi chimiche effettuate durante sei mesi di affinamento hanno mostrato una sostanziale uniformità dei vini maturati in legno. Tuttavia, al di là delle differenze iniziali (T0 e T3) nei parametri relativi al colore dovute verosimilmente all’aggiunta di solforosa nei vini di controllo, è interessante notare la differenza nel contenuto in pigmenti polimerici e antociani liberi che inizia a delinearsi dal terzo mese di maturazione e si mantiene nel corso dei tre mesi successivi. Questi dati suggeriscono che l’ES di uva immatura sia da solo che in combinazione con il chitosano è in grado di mantenere le caratteristiche del colore del vino Sangiovese e potrebbe contribuire ad una sua più precoce stabilizzazione.

Tabella 1. Parametri chimici dei vini misurati al momento dell’allestimento delle prove (T0). I valori sono la media di 6 determinazioni. Lettere diverse indicano differenze significative fra le concentrazioni dei diversi campioni (ANOVA; p<0,05).

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Legenda: intensità colorante (IC), tonalità (T), frazione del colore dovuta a copigmenti (Copig), antociani liberi (AL) e pigmenti polimerici (PP), indice dei polifenoli totali (IPT280), fenoli totali (FT), l’attività antiossidante (AA).

Tabella 2. Parametri chimici dei vini misurati dopo tre mesi (T3) di maturazione. I valori sono la media di 6 determinazioni. Lettere diverse indicano differenze significative fra le concentrazioni dei diversi campioni (ANOVA; p<0,05).

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Legenda: intensità colorante (IC), tonalità (T), frazione del colore dovuta a copigmenti (Copig), antociani liberi (AL) e pigmenti polimerici (PP), indice dei polifenoli totali (IPT280), fenoli totali (FT), l’attività antiossidante (AA).

Tabella 3. Parametri chimici dei vini misurati dopo sei mesi (T6) di maturazione. I valori sono la media di 6 determinazioni. Lettere diverse indicano differenze significative fra le concentrazioni dei diversi campioni (ANOVA; p<0,05).

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Legenda: intensità colorante (IC), tonalità (T), frazione del colore dovuta a copigmenti (Copig), antociani liberi (AL) e pigmenti polimerici (PP), indice dei polifenoli totali (IPT280), fenoli totali (FT), l’attività antiossidante (AA).

I risultati delle analisi microbiologiche effettuate durante la maturazione del vino Sangiovese sono mostrati nelle Tabelle 4, 5 e 6. All’inizio della maturazione (T0) il quadro microbiologico di tutti i vini si presentava in linea con quanto atteso dopo lo svolgimento della fermentazione malolattica con i lieviti e i batteri acetici sotto il limite di rilevabilità, mentre i batteri lattici, appartenenti alla specie Oenococcus oeni, a concentrazioni comprese tra 104 e 105 UFC/mL (Tabella 4).

Durante il periodo di affinamento, a partire dal terzo mese (T3), sia nel vino di controllo TQL trattato con l’anidride solforosa che nei vini AL e BL in cui è stato aggiunto l’ES a diversa concentrazione, i batteri lattici sono diminuiti fino a raggiungere densità cellulari inferiori al limite di rilevabilità, (Tabelle 5 e 6). Viceversa, dopo tre e sei mesi di affinamento, le popolazioni di lieviti hanno mostrato un incremento sia nel vino di controllo che nei vini trattati. In particolare, al terzo mese (T3) la concentrazione dei lieviti presenti nel vino TQL è risultata significativamente più elevata rispetto ai vini AL e BL. Tuttavia, da evidenziare che nei vini TQL e AL la popolazione di lieviti era costituita esclusivamente dalla specie S. cerevisiae, mentre nel vino BL in cui è stato aggiunto l’ES a maggiore concentrazione (400 mg/L), ma non il chitosano, è stato riscontrato Brettanomyces bruxellensis, seppure ad una concentrazione molto bassa, corrispondente mediamente a 36 UFC/mL. Dopo sei mesi di maturazione in barriques, la densità cellulare dei lieviti nei vini AL e BL è aumentata e non è risultata significativamente diversa da quella presente nel vino di controllo TQL. Tuttavia, la presenza di B. bruxellensis è stata confermata soltanto nel vino BL, dove ha raggiunto una densità cellulare media di 125 UFC/mL, rimanendo quindi sotto la soglia di 103 UFC/mL ritenuta critica per la produzione di etilfenoli (tabella 5 e 6). In generale, i risultati conseguiti evidenziano che l’ES di uva immatura può contribuire alla stabilità microbiologica del vino relativamente alle popolazioni batteriche.

 

Tabella 4. Parametri microbiologici dei vini misurati al momento dell’allestimento delle prove (T0). I valori sono la media di 4 determinazioni. Lettere diverse indicano differenze significative fra le concentrazioni di batteri lattici (O. oeni) dei diversi campioni (ANOVA; p<0,05).

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Tabella 5. Parametri microbiologici dei vini misurati dopo tre mesi (T3) di maturazione. I valori sono la media di 4 determinazioni. Lettere diverse indicano differenze significative fra le concentrazioni di leviti dei diversi campioni (ANOVA; p<0,05).

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* 67% Brettanomyces bruxellensis                           

 

Tabella 6. Parametri microbiologici dei vini misurati dopo sei mesi (T6) di maturazione. I valori sono la media di 4 determinazioni. Lettere diverse indicano differenze significative fra le concentrazioni di lieviti dei diversi campioni (ANOVA; p<0,05).

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* 16% Brettanomyces bruxellensis                           

I risultati delle valutazioni sensoriali sono mostrati nella Tabella 7. Come si può osservare, al T0 non sono state osservate differenze significative tra le coppie di campioni considerate. Pertanto, sia i campioni contenenti ES e chitosano sia quelli contenenti solo ES di uva immatura non sono stati percepiti come diversi dal consumatore rispetto al campione di vino contenente l’anidride solforosa (TQL). Con il proseguire della maturazione, ossia dopo tre e sei mesi, le differenze fra i vini continuano a non essere significative. Ciò significa che il gruppo di giudici percepisce questi prodotti come simili per quanto riguarda le caratteristiche sensoriali legate alla vista, all’olfatto, al gusto, al flavor e al corpo.

Tabella 7. Risultati del test triangolare ottenuti coinvolgendo 30 giudici per le coppie di campioni di vino Sangiovese analizzate ai tempi T0, T3 e T6.

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Relativamente alle valutazioni economiche i risultati condotti a livello aziendale evidenziano come il processo di produzione dell’estratto possa essere agevolmente implementato in un’azienda vitivinicola senza particolari investimenti iniziali, potendo fare affidamento su risorse (capitali e lavoro) normalmente presenti in qualunque impresa vitivinicola. Tutto ciò ad eccezione di talune fasi della lavorazione, in primo luogo la liofilizzazione, per le quali è necessario ricorrere a servizi esterni.

L’analisi dei costi totali effettuata per il caso di studio esaminato secondo le diverse ipotesi a confronto (cfr. figura 1) ha condotto alla quantificazione di un costo aggiuntivo per la singola bottiglia addizionata con l’estratto che varia, a seconda delle rese che si hanno durante il processo estrattivo e del volume aggiunto per litro di prodotto, dai 9 ai 24 centesimi per bottiglia da 0,75 litri (Figura 2):

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Figura 2. Costi di produzione dell’estratto

Tale costo aggiuntivo, che risulta in assoluto in qualunque caso estremamente contenuto, assume un peso ancor più marginale se si considera come l’innovazione di processo in esame sia da associare a dei vini destinati ad avere un posizionamento sul mercato al consumo finale medio-elevato. Pertanto, è possibile affermare che la produzione e l’impiego dell’antiossidante in azienda sia in assoluto una pratica ampiamente sostenibile sul piano economico anche nell’ipotesi più avversa, ma altamente improbabile, che essa non offra alcun vantaggio commerciale.

A tale proposito, le analisi di mercato sviluppate nel progetto Uva Pretiosa hanno chiaramente indicato come l’innovazione in esame abbia comunque notevoli potenzialità e risconti positivi anche a livello di preferenze dei consumatori. Attraverso l’indagine diretta è stato puntualmente verificato come oltre l’89% degli individui riveli uno stile di vita particolarmente attento alla salute personale e alla sostenibilità, nei termini di quello che in letteratura viene indicato come Lifestyle of Health and Sustainability (LOHAS): un vino senza solfiti aggiunti che, come proposto nel progetto, possa al tempo stesso proporre un alimento percepito come più “sano” e al tempo stesso frutto di un modello produttivo più ecocompatibile, rappresenta la sintesi perfetta per rispondere a tali tendenze di mercato. Tutto ciò trova importanti conferme nella ampia disponibilità a pagare che i consumatori dichiarano nei confronti di un prodotto non solfitato ma trattato con estratto di uva immatura: mediamente, nel campione esaminato emerge la disponibilità a pagare un premium price per un vino convenzionale senza solfiti aggiunti che è dell’8%, per arrivare ad oltre il 13% in più se tale caratteristica si associa ad un biologico non solfitato. Queste disponibilità a pagare le medie indicate sono riferite alla domanda dei vini vista nel suo insieme: se osservassimo la domanda segmentandola in base al diverso livello di Product Involvement e alle conseguenti diverse preferenze e abitudini di consumo, potemmo osservare disponibilità a pagare cifre ben diverse da quelle medie sopra indicate.

CONCLUSIONI

I risultati ottenuti dimostrano che è possibile sostituire la solforosa nella fase di maturazione in legno del Sangiovese con un additivo naturale ottenuto dalle stesse uve, senza incorrere in alterazioni chimiche o sensoriali del prodotto. Tutto ciò è stato realizzato nel rispetto delle buone pratiche vitivinicole che non possono prescindere da alcuni prerequisiti come la qualità dell’uva e del processo di vinificazione e la pulizia della cantina. La produzione dell’ES, così come è stata concepita è oltremodo realizzabile in cantina dal personale aziendale, con semplici accorgimenti tecnici e attraverso il passaggio del know how necessario: il tutto con costi assolutamente contenuti e del tutto irrilevanti se contrapposti al ben più consistente vantaggio competitivo che le imprese possono avere nel giungere sul mercato con un prodotto percepito come più sostenibile e salutare. Inoltre, vista l’ottima e facile conservabilità dell’ES, soprattutto in forma secca, la sua produzione potrebbe essere intrapresa solo in alcune annate e l’ES mantenuto come riserva di antiossidanti aziendali da utilizzare in più vendemmie. Per quanto riguarda l’effetto antifungino e soprattutto in riferimento ai lieviti inquinanti, sulla base di risultati preliminari sarà affrontata una valutazione più approfondita che prevede oltre alla definizione del preciso rapporto dose/effetto anche un passaggio di pre-concentrazione dell’ES.

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Pubblicata il: 11/04/2022
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